Nel corso degli anni, il mondo del vino è uno di quelli che più ha resistito ai cambiamenti in virtù del suo antico retaggio culturale e dei valori tradizionali ai quali si rifà. Ciò nonostante, benché in maniera molto controllata, l’innovazione (specialmente tecnologica) ha fatto breccia, riuscendo a far passare cambiamenti impensabili solo mezzo secolo fa.
Tra questi c’è senz’altro l’introduzione del tappo a vite, o tappo Stelvin, che ha affiancato il sughero nel compito di tappare le bottiglie di vino. In questo momento i più ortodossi staranno storcendo il naso, lo sappiamo: quello del tappo a vite per il vino è un argomento di rottura. Nonostante ciò, resta di grande attualità e vale la pena approfondirlo.
Cos’è il tappo a vite Stelvin
In campo enologico, il primo tappo a vite in alluminio per bottiglie di vino compare in Francia nel 1964. Usato inizialmente per tappare altre bevande, o in luogo del tappo di sughero quando si rompeva, è passato da essere una soluzione a una scelta vera e propria. Col tempo, i tappi a vite sono diventati molto apprezzati dai paesi con carenza di sughero rispetto all’Europa, che ne è invece il principale produttore.
Le origini del tappo a vite Stelvin
Il tappo a vite Stelvin prende il nome dall’azienda che per la prima volta lo produsse. La commercializzazione vera e propria iniziò in Australia nel 1976, benché gli studi e le ricerche iniziarono alcuni anni prima. Come spesso succede, questo nome divenne sinonimo di questa tipologia di tappo. Proprio la filettatura del tappo a vite ne permette l’avvitamento, rendendo possibile una chiusura che, grazie anche alle nuove tecnologie, permettono un passaggio di ossigeno con OTR (oxigen trasmission rate) diversi e certificati.
Tanto si è diffuso l’utilizzo del tappo Stelvin che il decreto del Ministero delle Politiche agricole del 16 settembre 2013 in materia di etichettatura dei vini DOP e IGP ha modificato anche alcune norme UE riguardanti le chiusure dei vini. Nota come “libertà di tappo”, non impone più l’uso esclusivo del sughero per alcuni disciplinari di vini DOC e DOCG italiani e consente l’uso dei tappi a vite. Questo ha agevolato il mercato dell’esportazione, soprattutto verso Stati Uniti e Giappone, che apprezzano molto il tappo a vite per il vino.
Diffusione del tappo a vite
Il tappo in sughero di alta qualità è molto costoso, e questo si riflette inevitabilmente sul prezzo finale del vino. Per far fronte a questo problema, diversi paesi produttori si stanno lentamente (ma non troppo) avvicinando al tappo Stelvin.
Soprattutto in nord Europa, ma anche nel nord Italia, il tappo Stelvin è assai diffuso, sdoganato anche per i vini più importanti in paesi come l’Austria e la Germania, principalmente per la mancanza di sughero di qualità a livello locale e gli enormi costi di produzione e trasporto verso quelle zone.
Perché si usano i tappi Stelvin?
Il tappo di sughero sta ormai diventando un retaggio culturale legato principalmente alla ritualità dell’apertura di una bottiglia: che sia a casa o al ristorante, il gesto di aprire una bottiglia con tappo in sughero è un sinonimo di convivialità e di allegria al quale in pochi sono disposti a rinunciare.
Dobbiamo però considerare che imbottigliare un vino e chiuderlo con un tappo a vite è come fargli una fotografia. E a questo proposito, ne abbiamo una per voi:
Nella foto qui sopra, relativa al 1999 AWRI Closure Trial, vediamo cosa succede al vino contenuto in bottiglie tappate con tappo Stelvin (la prima a sinistra) rispetto a quello nelle bottiglie con tappo in sughero. Dopo due, cinque e dieci anni dall’imbottigliamento, il vino cambia nettamente colore, segno di come l’inesorabilità del tempo agisca sul sughero: il colore (e quindi le proprietà organolettiche) del vino con tappo a vite resta sostanzialmente invariato.
Tappo a vite Stelvin contro sughero: vantaggi e svantaggi
Innanzitutto, è bene sottolineare come questo non sia uno scontro, bensì una coesistenza dettata da diverse esigenze. I motivi principali dell’utilizzo del tappo Stelvin sono due: la sempre più scarsa disponibilità di sughero (e i conseguenti costi) e l’efficacia del tappo a vite. È chiaro come il secondo acquisisca ancora più forza in virtù del primo: se manca il sughero, usiamo un altro tappo che è, incidentalmente, migliore.
Ecco quindi una lista di pro e contro sull’uso del tappo in sughero e del tappo Stelvin.
Tappo in sughero:
PRO
- Elastico
- Microporoso
- Consente un lento scambio di ossigeno tra tappo e vino
- Perfetto per tutti i tipi di vini
CONTRO
- Scarsità e costo della materia prima
- Può subire modifiche a causa dell’azione dell’anidride carbonica
- Può subire attacchi fungini
- La bottiglia deve necessariamente riposare coricata (per i lunghi affinamenti)
Tappo a vite Stelvin:
PRO
- Inerte: non reagisce al contatto col vino e non ne altera il gusto
- Sigilla ermeticamente la bottiglia (permettendone la conservazione in piedi)
- Elimina gli effetti dannosi di un sughero di scarsa qualità
- L’apertura e soprattutto la chiusura sono facilitate
- Sopperisce alla mancanza di sughero
CONTRO
- Poco poetico!
- Meno adatto del sughero per alcuni vini
Quest’ultimo punto può sembrare in antitesi con quanto detto finora, ma è necessario sottolineare come lo scambio di ossigeno tra tappo e vino consentito dal sughero è un procedimento molto lungo, proprio di vini molto complessi che necessitano lunghi affinamenti e hanno bisogno di ossigeno per completare la loro evoluzione in bottiglia.
Il vino si evolve in virtù delle reazioni chimiche che avvengono tra gli elementi che lo compongono e l’ossigeno è tra gli elementi che incide su queste reazioni, anche se non in maniera esclusiva. Il tappo rallenta il processo di ossidazione e quindi l’alterazione delle caratteristiche organolettiche del vino; quindi, meno ossigeno incontrerà un vino, più lentamente maturerà – e ciò è ancora più vero quando la bottiglia di vino viene aperta ma non finita. Appare chiaro quindi che il vino si evolve comunque ma diversamente a seconda della quantità di ossigeno.