Con pochi ma essenziali numeri, vediamo come l’anno della pandemia ha cambiato i consumi e le esportazioni italiane nel mercato del vino.
Affermare che il mercato del vino in Italia, in termini di produzione, consumo, vendita ed esportazione, è stato influenzato dalla pandemia, è banale, quasi superfluo. Ma è purtroppo una condizione che va assolutamente considerata guardando l’andamento del mercato del vino italiano nell’anno 2020 e, con una certa lungimiranza, del 2021.
Benché la situazione attuale sia nota a tutti, può essere utile analizzarla con un occhio più critico e soprattutto mirato al campo preso in esame – il consumo di vino, nello specifico. Partiamo con una considerazione basilare che, per ragioni di spazio, dev’essere succinta ma speriamo non troppo superficiale.
Come la pandemia ha condizionato il mercato del vino
Con poche possibili esclusioni, possiamo affermare che nel 2020 i bar e i ristoranti sono stati chiusi per la maggior parte dell’anno. Inevitabilmente, questo fattore ha favorito il consumo di vino a casa, penalizzando di fatto la somministrazione diretta – l’HO.RE.CA., cioè bar, alberghi, ristoranti e catering. Per contro, questa situazione ha favorito principalmente due categorie di rivenditori: la GDO (i supermercati, che sono rimasti sempre aperti), cresciuta in questo senso del 9% rispetto al 2019, e l’on-line, che ha fatto registrare il considerevole aumento del 102% rispetto all’anno precedente.
I consumi del vino nel 2020 sono quindi calati per le cause che ben conosciamo, ma le previsioni degli esperti ci dicono che ci sarà un rimbalzo importante nel 2021. Questo status resterà pressoché invariato fino al 2024, quando si prevede che le quantità di vino consumate (non solo in Italia, ma anche nel mondo) torneranno ai livelli del 2019.
Il mercato del vino in Italia
Vediamo come si è comportato il mercato del vino in Italia in questo anno terribile. La tendenza generale è stata quella di bere di meno, ma con un maggior interesse verso la qualità del prodotto – se il prezzo medio a bottiglia può essere considerato un indice assoluto di qualità, mentre il “botto” vero e proprio l’ha fatto il vino biologico, con una penetrazione del mercato dell’84%.
Per quanto riguarda i vini rossi, il Lambrusco resta il vino più popolare d’Italia, primo in termini di volumi, seguito dal Chianti che però detiene il primo posto per vendite. Nell’ambito dei vini bianchi (dove includiamo anche le bollicine), il più venduto resta il Franciacorta, seguito da Pinot, Chardonnay e Vermentino Sardo. Il prosecco è uno dei prodotti che ha fatto segnare un incremento, per quanto lieve, delle vendite: 500 milioni di bottiglie nel 2020 contro i 486 del 2019, delle quali 378 sono andate all’estero.
Esiste anche una sorta di classifica dei vini “emergenti”, quelli di cui si sente parlare meno perché rappresentano, in termini di volumi, piccole ma consistenti percentuali. In prima posizione c’è il Lugana, al quale fanno seguito il Primitivo di Manduria, la Passerina delle Marche, la Ribolla Gialla del Friuli e di nuovo la Puglia con il suo Negroamaro. Come forse ricorderà chi segue il nostro blog, i due vini pugliesi sono stati entrambi testimoni di un “rinascimento” che, negli ultimi hanno, li ha visti spopolare sulle tavole delle famiglie italiane.
Il mercato del vino all’estero
Incredibilmente, verrebbe da dire, l’Italia ha retto bene l’impatto della pandemia in termini di esportazioni di vino, dove c’è stato sì un calo, ma molto contenuto e di certo non drammatico come quello visto in Francia.
Volendo fare uno spoiler dei numeri che seguono, e per riassumerli in un’unica percentuale, diciamo subito che la totale flessione nell’export del vino italiano all’estero è stata del 9%. Infine, prima di arrivare ai numeri, è bene anche sottolineare come il lockdown e tutte le implicazioni sociali che ne sono conseguite, abbia spodestato l’Italia dal terzo gradino del podio dei Paesi consumatori di vino dove si trovava fino alla fine del 2019.
Iniziamo col dire che le bollicine sono quelle che hanno sofferto di più a causa della pandemia. Per evitare di perderci in un mare di numeri e percentuali, basti pensare che le esportazioni di spumanti italiani sono calati del 6,4% rispetto al 2019, un dato non tragico se lo si confronta con lo Champagne, ha fatto segnare un calo del 20% nel 2020. Nel caso dei prodotti italiani, diversi da quelli francesi, bisogna considerare un fattore di non poca importanza: l’utilizzo della bollicina negli aperitivi (liscia e miscelata).
L’esportazione di vino italiano (bianchi e rossi) all’estero ha chiuso il 2020 con dati in controtendenza, dato che il calo è stato “solo” del 2,2%, del tutto simile a quello della Spagna, giusto per dare un termine di riferimento vicino a noi. Anche in questo caso, l’Italia “vince”, se si considerano i cali di Francia (-11%) e Germania (-15%). Ma anche qui va considerato il posizionamento più alto dei prodotti francesi, destinati più ai ristoranti (chiusi causa pandemia) che al consumo domestico, e soprattutto le difficoltà attuali del mercato cinese e l’introduzione dei dazi d’importazione applicati dagli USA, che però potrebbero essere presto rimossi dalla nuova amministrazione.