Innanzitutto è bene dare una definizione precisa dei vini Franciacorta: da solo, questo nome indica uno spumante DOCG prodotto nel territorio che porta lo stesso nome e che si trova nella provincia di Brescia.Il peculiare nome della zona è un enigma al quale ancora oggi non si è trovata soluzione.
La corrente di pensiero più accreditata è quella che lo fa risalire al termine “franchae curtes“: nel medioevo, infatti, i principali centri della zona erano delle corti regie che, dopo l’arrivo dei monaci benedettini e cluniacensi, godettero di particolari privilegi (le cosiddette franchigie, appunto) quali l’esenzione dal pagamento dei dazi, perché deputati al controllo delle strade e alla bonifica del territorio.
Il nome comparve per la prima volta come “Franzacurta” nel 1277, nello statuto municipale di Brescia, e si riferiva alla zona a sud del Lago d’Iseo, tra i fiumi Oglio e Mella. Ai tempi zona di grande importanza per la distribuzione del vino nella città di Brescia e nelle valli circostanti, oggi ha mantenuto tale ruolo, espandendosi oltre i confini nazionali e diventando una vera e propria eccellenza enologica. Qui nascono alcuni tra i migliori vini spumanti d’Italia, prodotti con uve Chardonnay, Erbamat (un antico vitigno bresciano) ePinot nero, ma è permesso l’utilizzo del Pinot Bianco fino ad un massimo del 50%.
La trinità del Franciacorta
Ne esistono tre versioni: bianco (o più semplicemente Franciacorta), Rosé e Satén, quest’ultima un marchio registrato del Consorzio Franciacorta e che si distingue delle altre tipologie per caratteristiche uniche rispetto ai suoi “fratelli”. Il solo nome di questo spumante Franciacorta basta ad accarezzare il palato, preparandolo a suadenti sensazioni di morbida sapidità e rotonda freschezza. Il Satén è senz’altro uno dei migliori Franciacorta che si possono trovare sul mercato, tanto che il nome è un marchio registrato del consorzio. Unico al mondo, era denominato cremànt per il suo basso contenuto di anidride carbonica, che non deve superare le 5 atmosfere e che quindi “smorza” la pungenza delle bollicine. Dal colore giallo paglierino intenso che può arrivare fino al giallo dorato, ha un profumo fine e delicato, con note tipiche della rifermentazione in bottiglia, particolarità di questo metodo produttivo.
Il metodo classico
Come prevede il disciplinare, nato nel 1990 per tutelare i prodotti di questa zona, l’unico sistema di produzione ammesso è per il Franciacorta è il Metodo Classico, qui denominato anche Metodo Franciacorta. La vendemmia avviene a mano e l’uva, raccolta in cassette, subisce una prima fermentazione, a cui seguono l’imbottigliamento e il tiraggio, con l’aggiunta di zucchero e lieviti. Proprio questa aggiunta di zucchero determina la classificazione dello spumante, ma di questo parleremo dopo. La seconda fermentazione avviene in bottiglia, alla quale seguono affinamento, remuage, refrigerazione, sboccatura, rabbocco e finalmente la denominazione DOCG. È proprio grazie al Metodo Classico che ottiene il suo celebre perlage, bollicine fini e persistenti che sono diventate sinonimo di questo vino. A seconda del tempo di affinamento, tutti i tipi di vini Franciacortapossono acquisireuna maggior complessità, trasformandosi in prodotti ancora più prestigiosi. Nascono così il Franciacorta Millesimato e il Franciacorta Riserva.
Due stelle in primo piano
Il Millesimato è ottenuto da vini base di un’unica annata per almeno l’85% (da qui il nome) e sono necessari almeno 37 mesi dalla vendemmia prima che possa essere messo in commercio. Questo vino si produce quando un’annata è stata qualitativamente notevole e il risultato è uno spumante che rispecchia in modo evidente tutte le caratteristiche che hanno definito quell’annata. Si definisce Riserva invece un millesimato (che può anche essere Satén o Rosé) che abbia riposato sui lieviti almeno 60 mesi e che viene messo in commercio dopo almeno 5 anni e mezzo dalla vendemmia.
Basta un poco di zucchero
Tornando alla questione degli zuccheri, e senza volerci addentrare troppo nello specifico, il regolamento UE prevede una classificazione degli spumanti in base al residuo zuccherino. Si passa dai valori minimi inferiori ai 3 grammi per litro, nel qual caso lo spumante è Pas dosé, ultra secco, fino ad arrivare al Demi-Sec, nel quale il residuo di zucchero è compreso tra i 32 e i 50 grammi per litro. In mezzo esistono altre 4 denominazioni, la più diffusa delle quali è senz’altro il Brut. Spesso questo termine viene erroneamente usato per come sinonimo di spumante; ciò è dovuto alla grande diffusione di questa tipologia, ma per quanto sia tecnicamente vero, è solo uno dei 6 dosaggi stabiliti in base al grado di dolcezza. Da notare che il regolamento prevede anche una settima categoria, denominata Doux, nel quale la dolcezza è predominante e il cui residuo zuccherino supera i 50 grammi per litro.
Eleganza imbottigliata
Il Franciacorta Brut è quindi un vino spumante piuttosto secco, con un residuo zuccherino inferiore ai 12 grammi per litro, dal colore paglierino luminoso, che tende ad avere riflessi verde oro e un perlage finissimo. Al naso si presenta complesso, con note erbacee, quasi balsamiche, che tendono al frutto tropicale; la spuma è fine ed intensa, mentre in bocca è morbido, sapido e leggermente agrumato. In una parola: elegante.
È grazie al peculiare metodo produttivo dei vini Franciacorta a cui abbiamo accennato prima che ogni bottiglia racchiude un tesoro enologico, frutto dell’arte e della passione dei viticoltori di un territorio che ha acquisito una tale importanza da determinare la nascita di una vera e propria Strada del Franciacorta. Questo itinerario, punto di riferimento per i turisti come per gli addetti del settore, si snoda ai piedi delle Prealpi e conta più di 100 cantine dove è possibile degustare alcune delle migliori bollicine d’Italia, se non del mondo.
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